il senso elettrico della vita

IL SENSO ELETTRICO DELLA VITA

Una conversazione fra Donato Sansone aka Milky Eyes, Luca Raffaelli e Raffaella Aragosa.
Un viaggio sincero attraverso i sogni disturbanti di un "ragazzo fantasioso" che cerca nelle cose inquietanti e tenebrose la bellezza dell'esistenza.
Perché, come anche noi di Crack!, Milky Eyes trova nelle realtà deformate nuove vite da sperimentare. Sarà a Crack! domenica 22 alle ore 21,00 con una selezione dei suoi corti animati

 Donato Sansone, the donnydarknessactionshow

donny darkness

Luca Raffaelli: allora, Donato Sansone, video artista, animatore, disegnatore, che spazia dalla maniera tradizionale, la carta la matita i colori, alle più sofisticate tecniche informatiche di post produzione, partiamo dall’inizio, il primo momento in cui si è manifestata in te l’emozione della creazione.
Donato Sansone: ho sempre disegnato fin da piccolo, immaginavo cose e disegnavo. È cominciato tutto così, molto spontaneamente, non riesco a ricordare un momento preciso.
Luca Raffaelli: dov'eri e cosa disegnavi?
Donato Sansone: ero in Basilicata, al mio paese, che si chiama Bella. Disegnavo uomini muscolosi, cose del terrore, disastri, il terremoto.
Luca Raffaelli: il terremoto?
Donato Sansone: sì, il terremoto di Basilicata. Avevo 6 anni quando ho vissuto l’esperienza del terremoto in prima persona. Un’esperienza forte: la meraviglia, e poi, senza controllo, un mistero più grande di me, che sapevo significava paura. Mia mamma mi dice ancora che disegnavo sempre città distrutte, palazzi crollati, i morti, i fantasmi. Nel giro di qualche minuto il mio mondo ha subito una trasformazione. Dall’infanzia, dalla dimensione di limitata percezione della realtà, il mondo del sogno di bambino, dove il tempo è infinito e magico, alla scoperta della tragicità dell’esistenza, alla morte, con la fine di tutte le cose. Un senso di caducità dell’uomo e dell’effimero del sogno, che non mi ha mai più abbandonato. In pochi minuti tutto questo. E poi disegnavo solo questa nuova scoperta, come un’ossessione.


Luca Raffaelli: e li ricordi bene quei minuti?
Donato Sansone: si benissimo, tutto… tutto
Luca Raffaelli: siete scesi giù in strada?
Donato Sansone: mio padre ha preso me e mio fratello ognuno con un braccio e ci ha portato fuori dal palazzo, sbattendo contro le pareti delle scale. È stato un incubo. E una volta fuori in strada, vedevo il fuoco avvampare nelle case e sentivo le urla della gente che fuggiva, scappava dovunque, senza capire cosa facesse.
Luca Raffaelli: con chi hai parlato di quei momenti da bambino, con tuo fratello?
Donato Sansone: con i miei familiari mai, o, forse, solo di sfuggita qualche volta. Ho parlato con i miei amici; più tardi anche con professionisti dell’ascolto, psichiatri e psicoterapeuti.

testasfoglia
Luca Raffaelli: i tuoi disegni prima del terremoto erano diversi?
Donato Sansone: credo di sì, ma non ricordo con precisione.
Luca Raffaelli: com'era la tua casa? Cosa vedevi intorno a te?
Donato Sansone: abitavo in una palazzina. Le case del mio paese non superano i tre piani. E tutto intorno c’erano altre case che tremavano insieme. Tutto il mondo sbatteva, come se dovesse scoppiare. Mattoni e cemento e intonaco, il cuore di un paese.
Luca Raffaelli: quando hai cominciato a guardare il mondo con occhi diversi, quando è successo?
Donato Sansone: credo che non ci sia stato un momento preciso, come per il disegno … è successo tutto in una evoluzione continua, e che continua ancora adesso, mentalmente; fisicamente, invece, quando sono andato a Roma, la prima città in cui sono stato senza usare la mia sola fantasia.
Luca Raffaelli: quanti anni avevi?
Donato Sansone: credo 6-7 anni, e grazie alla televisione sapevo che esisteva un mondo fuori da Bella.
Luca Raffaelli: quali programmi televisivi ti hanno appassionato?
Donato Sansone: quelli che piacevano a tutti i bambini; però avevo una particolare propensione per le cose orrorifiche, per le case stregate. Mi affascinavano anche i cartoni animati più misteriosi …
Luca Raffaelli: Scooby Doo?
Donato Sansone: esatto ...o Carletto, il principe dei mostri , oppure, Bem ...quelle robe lì. Insomma, erano le cose soprannaturali che mi attiravano di più, già da piccolo.
Luca Raffaelli: disegni, fumetti, oppure erano solo immagini?
Donato Sansone: no fumetti mai , mai subito la fascinazione della narrazione, mi piacevano le immagini.
Luca Raffaelli: che scuole hai frequentato?
Donato Sansone: l’Istituto d'arte , l’Accademia di belle arti , la Scuola Cinema Torino Animazione.
Luca Raffaelli: dove? Donato Sansone: l’Istituto d'arte a Potenza e l’Accademia a Napoli. Ho sempre viaggiato per studiare, perché in un paese sperduto sulle montagne, come il mio, non esiste nulla.
Luca Raffaelli: cosa ti ha portato a Torino, il CSC?
Donato Sansone: sì, il CSC.
Luca Raffaelli: era a Chieri, sono venuto anch’io una volta.
Donato Sansone: eravamo i primi… allora
Luca Raffaelli: quanto ti hanno formato e quanto ti hanno deformato questi studi?
Donato Sansone: gli studi, beh, qualunque studio deforma e forma, nel senso che ti dà le basi formative e della tecnica, ma tende a imprigionare in qualche modo il pensiero, creando la struttura mentale. Io, siccome pensavo solo a disegnare, non mi sono lasciato molto strutturare, per fortuna. Ero sempre distratto da altro. 

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Luca Raffaelli: come ricordi i tuoi lavori di fine anno?
Donato Sansone: li ricordo come una cosa qualunque, in fondo. Niente che mi abbia particolarmente emozionato.
Luca Raffaelli: la prima cosa tua che ti ha particolarmente emozionato?
Donato Sansone: ehm...alcuni dipinti di quando ero ragazzino, probabilmente; era quasi una magia assistere alla materializzazione delle cose attraverso i colori.
Luca Raffaelli: voglio ancora chiederti quando hai capito di avere un tuo stile, perché tu hai uno stile personalissimo e si capisce immediatamente.
Donato Sansone: in realtà non so se possiedo uno stile unicamente mio, d’altronde non l'ho mai cercato. Se a voi sembra riconoscibile, vuol dire che si è generato nel tempo spontaneamente, senza una mia particolare accortezza, senza una mia precisa volontà. Non ho mai lavorato a costruirmi uno stile che creasse una mia identità artistica, mai in questo senso, così rigidamente calcolato, ho sempre fatto tutto quello che mi piaceva e che amavo fare. Amo rappresentare quello che mi appartiene interiormente e genera le immagini che catturano me per primo, le elaborazioni delle cose che ho visto e che ho vissuto nella vita.
Raffaella Aragosa: il tuo stile, lo sai, è una declinazione del grottesco e ha molta sostanza sessuale, una materia forte, caricaturale, se vuoi, e quindi parodistica, ma anche vischiosa e un po' brutale, qualche volta, perché?
Donato Sansone: non lo so, a me sembra di scherzare in maniera infantile, scherzare con il mio sesso, come un bambino, d’altra parte mi piace anche infastidire.
Raffaella Aragosa: ma non è infantile il tuo approccio, il tuo approccio è canzonatorio, spesso, ma strutturato, e nelle animazioni di topo glassato c’è un potente senso di mistero e molti rimandi simbolici.
Donato Sansone: alcune immagini sono volutamente costruite per infastidire, come dicevo, disturbare gli amici, la gente che ben pensa, chiusa nella propria rettitudine morale, il luogo comune che protegge, le donne…
Raffaella Aragosa: vuoi essere disturbante, ma sei più perturbante.
Donato Sansone: perturbante no.
Raffaella Aragosa: invece sì. In senso assolutamente coerente alla definizione di Freud. dissegn
Luca Raffaelli: tu parli di disturbante, ma c'è amarezza in questo disturbo?
Donato Sansone: no, nessuna amarezza, ma confesso che a volte ho la nausea di ciò che sono, con le mie fragilità, il mio diverso sentire, complicato dalle forti emozioni che provo, dalla mia sensibilità, che scatena l’ansia, ma non riesco ad essere diverso, sono così.
Raffaella Aragosa: puoi aggiungere qualcosa su questo tuo malessere?
Donato Sansone: io sento, talvolta, di essere troppo "carico" nella testa e troppo "carico" nell'emotività, troppo drammatico, troppo coinvolto, anche con gli altri, dagli altri, dalle persone che mi sono vicine, con una mia tetragona presenza, e allora, spesso, ho la nausea di essere ciò che sono.
Luca Raffaelli: quello che fai è una sorta di sfogo energetico?
Donato Sansone: sì esatto, accumulo energetico che devo sfogare nell’azione.
Raffaella Aragosa: per evitare la follia?
Donato Sansone: no, non devo evitare nessuna follia, solo l'ansia! Sono troppo colmo d’ansia per rischiare la follia. E la mia ansia, in questo senso, diventa un’ancora di salvezza, una maniera per rimanere attaccato al reale.
Luca Raffaelli: Cosa può tranquillizzarti? Cosa senti che ti faccia bene?
Donato Sansone: sapere che tutto questo ha un senso e che le cose non finiranno, questo mi fa stare tranquillo.
Raffaella Aragosa: non ti piace la parola follia?
Donato Sansone: non mi piace molto, perché è usata spesso in maniera sbagliata.
Raffaella Aragosa: lo capisco, ma l'artista è un folle, nel senso immaginativo. In questo senso lo sei, perché ricostruisci con la tua arte un mondo parallelo alla realtà, dove vivono i tuoi mostri, che dai in pasto agli spettatori, e nel quale vivi completamente immerso, quando lavori. In questo senso, nel senso della dissociazione, in quel preciso istante, quello del distacco inventivo e produttivo, vivi la verità della follia. Un creatore di mondi è un visionario e un folle. E i tuoi mondi sono particolarmente perturbanti. Ammiccano ad un quotidiano di cose ordinarie e usuali, a situazioni note, già vissute, per poi creare uno spaesamento, un’estraneità che genera l’angoscia.
Donato Sansone: io mi sento un ragazzo fantasioso, non folle. Il folle è colui che non ha anima, che non ha consapevolezza, che ti ucciderebbe per nulla, senza sensibilità per il mondo e le persone. Io non sono così. io sono l’altro gemello. La follia uccide, la fantasia genera vita, altra vita.
Raffaella Aragosa: non sempre.
Luca Raffaelli: avete due modi opposti di intendere la follia... 

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Raffaella Aragosa: comprendo il tuo punto di vista, ma tutto quello che turba ha una natura ambigua, che non si può ridurre mai a un solo movimento. Quello che turba ha una natura di morte e una possibilità di generare catarsi. Può esorcizzare i mostri reali, quelli di un quotidiano incombente; la malattia, la cattiveria, la morte; proponendo una realtà simulata, genera un’evaporazione delle anomalie dell’animo.
Donato Sansone: per quanto mi riguarda, sento solo avvenire in me una catarsi energetica, perché l’arte si mantiene nella mia tensione sempre al livello di un gioco, e un gioco intelligente, quando si riesce anche a viverne, senza doverne fare un hobbie.
Raffaella Aragosa: ma la catarsi può compiersi in chi ti guarda. È così che funziona aristotelicamente. Non essere troppo autoreferenziale. (ridiamo)
Donato Sansone: allora catarso probabilmente qualcun altro, non me.
Raffaella Aragosa: quindi tu non ne hai bisogno di catarsi?
Donato Sansone: solo poco poco. (ride)
Luca Raffaelli: ma il tuo lavoro ti lascia soddisfatto, ti aiuta a superare l’ansia?
Donato Sansone: realizzarmi mi aiuta a stare meglio, però non avviene con un’ operazione catartica, purtroppo, cacatoria sì, :-D! (ride)
Luca Raffaelli: questo si pubblica!!!
Luca Raffaelli: comunque la frase - sapere che tutto questo ha un senso e che le cose non finiranno… questo mi fa stare tranquillo è stupenda come chiusura – Grande Donato!
Donato Sansone: grazie!
Raffaella Aragosa: tutto sommato, Luca, secondo te non è un po’ maniaco questo Sansone?
Donato Sansone: ahahah
Luca Raffaelli: certo che lo è. Magnifico maniaco!!!
Raffaella Aragosa: e pure folle!
Donato Sansone: di folle ho solo le mutandine a pois! ahahah
Raffaella Aragosa: io vorrei ancora chiedere a Donato delle sue fonti di ispirazione, e dei rapporti consci o inconsci con altri autori.
Luca Raffaelli: ne hai facoltà!
Donato Sansone: ok! La mia principale fonte di ispirazione è il sogno. La struttura incoerente del sogno, l’assurdo onirico, mi crea un corto circuito benefico, mi mette addirittura di buon umore, e mi spinge a riproporne l’operazione di incollaggio casuale delle immagini nell’andamento del mio lavoro.
Raffaella Aragosa: ma poi, perché ti vengono cose noir, se sei tanto di buon umore? Il sogno vira all’incubo. Il retrogusto di questa giocosità è amaro. Direi, magnificamente, agghiacciante.
Donato Sansone: beh, l'incubo è più affascinante del sogno, nell'incubo succede qualcosa di esteticamente più interessante. La sensazione di benessere, il colore naturale, la stasi della concitazione, l’armonia, non creano le condizioni per la fascinazione, per la folgorazione.
Raffaella Aragosa: allora camuffi le tue creazioni con l’incubo, per rendere l’esperienza estetica più vivida?
Donato Sansone: più che altro attingo al magico e al surreale, con i dovuti simbolismi e le ricorrenze, mai negando una smaccante ironia, frammista al sentimento dell’assurdo, che mi accompagna anche nella quotidianità.
Raffaella Aragosa: grottesco tout court, con molta passione.
Raffaella Aragosa: e approfondirei, ancora, una tua certa analogia con gli universi onirici di Lynch. Anche lì surreale grottesco manierista arcano misterioso soggiacciono ad un più cupo sentimento, dichiaratamente o meno.
Donato Sansone: Lynch è stato uno degli autori più importanti della mia formazione all’immagine in movimento. In qualche modo il suo immaginario mi appartiene, come se fosse parte di un patrimonio genetico della mia formulazione, acquisito per folgorazione. I suoi film fanno attraversare diversi strati della realtà, senza l'uso di tecniche fantascientifiche, ma soltanto utilizzando gli stati emotivi e mentali dei personaggi. Unico, irraggiungibile.
Raffaella Aragosa: Lynch è tutt’altro che tranquillizzante; non sempre nei suoi film le cose vanno a finire bene.

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Donato Sansone: no aspetta, voglio allora, ulteriormente, spiegare come sento le cose. Le cose inquietanti, quando diventano sogno creativo, hanno una bellezza incredibile, che mi restituisce un senso elettrico della vita, perché nella bellezza in sé, che sia cupo o sia sereno l’orizzonte, risiede l’emozione prima che mi tiene in vita, mi dà coraggio e mi allontana la paura. Ed, inoltre, le cose tenebrose, a dimensioni sovrumane, orrorifiche per giunta, mi rassicurano che esiste la continuità con un’altra dimensione, oltre la natura umana e mortale. Nelle realtà deformate trovo nuove vite da sperimentare.
Raffaella Aragosa: tutti gli artisti devono trovare un rifugio. Voglio riassumere la tua posizione. La bellezza dovunque e comunque si manifesti ti dà gioia, e l'esistenza del male e del surreale ti dice che esiste comunque un'altra dimensione per poter trasferire qualcosa di noi altrove. Tutto questo ti incoraggia.
Raffaella Aragosa: ora, per chiudere davvero, voglio cercare di capire se il discorso che abbiamo fatto con l’immagine abbia un parallelo nella musica.
Donato Sansone: la mia opera è un viaggio, e la musica è l’epicentro di questo viaggio. La musica è la struttura più bella, una vera macchina del tempo.
Raffaella Aragosa: quale musica, Donato? Qual è la musica che ti dà tanta emozione?
Donato Sansone: la musica degli anni 80 e degli anni 90 è stata fondamentale per me; quella musica, detta diabolica da alcuni, mi ha formato. Nine inch nails , Smashing pumpkins, Radiohead, Nirvana, ma, soprattutto, due album sono stati fondamentali per me, The downword spiral e mellon collie and The infinite sadness.
Raffaella Aragosa: la musica industriale, sperimentale, contaminata, autoprodotta, musica d’assalto, per molti versi, di rottura, la vera avanguardia, supportata filosoficamente, connivente con la musica colta, ibridata dalla musica rock, ma ancora una volta una scelta noir, trasgressiva, forte, cupa, paranoica, anche.
Donato Sansone: lo so che non è immediato da far capire, ma quando Thom Yorke canta i'm not here ... io sento un’estrema sensazione di felicità, perché quella bellezza estrema non può non appartenere ad uno spirito che è di un altro mondo. Avremo altre opportunità. Tante altre opportunità.
Raffaella Aragosa: grazie Donato.
Luca Raffaelli: grazie Donato.

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Donato Sansone: grazie a voi.